La tragica leggenda del granchio violinista

Tanto tempo fa, nella fantasia di due autori francesi di fumetti, esisteva nell’Armorica, un territorio compreso tra la Senna e la Loira che coincide più o meno con l’attuale Bretagna, un piccolo villaggio abitato da “irriducibili Galli” che si ostinava a resistere all’occupazione Romana e che rappresentava la spina nel fianco di Caio Giulio Cesare. Fra i personaggi del villaggio c’era il bardo Assurancetourix che si vedeva come grande musicista ma che suonava e cantava talmente male e sgraziatamente che, ogni qual volta tentasse una esibizione, veniva malmenato, legato e, sopratutto, imbavagliato, dai suoi rudi compaesani che, a suo dire, non capivano niente dell’arte in generale e della sua in particolare. Ma questa è un’altra storia e differisce completamente da quella che sto per raccontare.

Fra le due storie ci sono però delle attinenze: in entrambi i casi, abbiamo infatti un villaggio senza nome che è esistito solo nella fantasia di chi lo ha descritto e in entrambi casi, soprattutto, abbiamo un bardo, un musicista poco apprezzato.

Nel nostro villaggio, non quello in Armorica, abitava la bella Rosetta, e ci abitava anche Uca, un violinista che non si separava mai dal suo violino. Gli piaceva mostrarlo, ma soprattutto, purtroppo per i suoi sfortunati ascoltatori casuali, gli piaceva suonarlo. Il punto, senza mezzi termini, era che, come il nostro Assurancetourix, anche Uca non sapeva proprio suonare. Così, tutte le volte che provava a suonare una di quelle che lui definiva “dolci e adorabili melodie“, tutti scappavano a barricarsi nelle loro case, con le orecchie tappate per salvarsi dagli striduli suoni che uscivano dal suo strumento.

Certo, molte volte capitava che la gente non si limitasse a scappare, forse volava qualche insulto, così come non era insolito che il povero Uca si beccasse una secchiata d’acqua ma, che diamine, addirittura con tutto il secchio!

La vita di Uca era però contraddistinta da un altro serio inconveniente: l’amore. Già da parecchio tempo, infatti, lo sfortunato violinista si era innamorato della bella, Rosetta. Amava corteggiarla, e fin qui niente di anomalo, ma amava sopratutto suonarle delle serenate, quelle melodie che, come mettevano in fuga gli altri abitanti del villaggio, sortivano lo stesso effetto sulla bella ragazza che, esasperata da cotanta arte, durante una delle tante fughe dalla musica di Uca, in preda alla disperazione chiese a Giove un aiuto.

Il re degli Dei tentò all’inizio di sbarrare la strada al violinista scagliandogli contro dei fulmini, ma inutilmente. Uca continuava ad inseguire Rosetta, sempre suonando il suo violino, fino ad arrivare a una vicina spiaggia. Finalmente Giove, stufo di tirare fulmini e stufo della musica che, giunta fin sul Monte Olimpo, stava facendo diventare isterica Giunone, notoriamente poco dotata di pazienza e tolleranza, pose fine al problema colpendo Uca con una potente maledizione.

Fu così che mentre Uca correva il suo corpo iniziò a indurirsi, il violino ancora stretto in una mano cominca fondersi con la mano stessa, indurendosi anch’esso. Le gambe diventarono zampe e dal corpo, che diventava sempre più duro, piccolo e tondo, ne spuntarono altre otto, filiformi. Uca correva, correva con sempre maggiore difficoltà, via via sempre più impacciato fino a trasformarsi in un granchio con una chela più grande dell’altra, con una forma simile a quella del suo violino.

Fin qui la leggenda, ma i granchi violinisti esistono realmente. Sono dei piccoli granchi che vivono in tane sul bordo dell’acqua e vicino alla linea dell’alta marea, in zone fangose come le foreste di mangrovie di cui il sud della Thailandia e, più in generale il Sud Est Asiatico, è ricco.

I maschi hanno un artiglio più sviluppato dell’altro che viene ritmicamente agitato in alto e in basso nel corso delle interazioni sociali e particolarmente nella stagione degli accoppiamenti, allo scopo di attirare la femmina. In questo periodo il granchio maschio si apposterà all’ingresso della propria tana agitando l’artiglio maggiormente sviluppato nel tentativo di attirare la femmina la quale, in un gruppo di maschi, sceglierà quello con la chela più grande, considerandolo il più sano di salute… ça va sans dire: “size matters!”.

Il “violino” serve anche per la protezione del territorio. Per la difesa delle tane infatti, si verificano combattimenti territoriali tra maschi, che possono arrivare anche a situazioni estreme in cui uno dei contendenti subisce la completa rottura della chela grande. Un brutto colpo per il granchio in questione che, in un colpo solo, potrebbe trovarsi senza difesa e, come dice Zucchero Fornaciari, senza una donna o, meglio, senza una granchia. Ma in questo caso la natura corre in suo aiuto: il granchio violinista, infatti, ha la capacità di rigenerare la chela rotta riuscendone a ricreare le dimensioni ma non la forza. La nuova chela risulterà infatti più debole di quella originale, tornando alla fine utile solo per ostentare una potenza virtuale.

Nelle Indie Occidentali il granchio violinista è anche chiamato granchio “È colpa mia”, dal Creolo “Sé ma fòt” perché il movimento della sua zampa ricorda quello dei fedeli che si battono il petto durante la preghiera. E con questo credo di avere speso abbastanza tempo a parlare delle curiosità che riguardano questo simpatico crostaceo.

Ah no!… Dimenticavo!…

Il granchio violinista discendente da Uca innamorato è, naturalmente, un romantico e si accoppia solo nelle notti di luna piena.

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