Gente Sospesa

Nord dell’isola di Luzon, Gran Cordillera: circa 450 km di strada da Manila di cui buona parte in salita, spesso tortuosa e non asfaltata e una notte di viaggio con un autobus locale. Tanto è servito per raggiungere Sagada, ma ne è valsa la pena: solo una dozzina di ore per fare un balzo in dietro nel tempo di una trentina di anni per lo meno e immergersi in una realtà ancora non contaminata dal turismo di massa.

Come quasi sempre avviene, l’idea è nata dall’oggi al domani: una chiacchierata con un amico, che già era stato da quelle parti, è bastata a risvegliare la mia curiosità e dalle parole ai fatti il passo è stato breve.

Le Filippine sono un arcipelago di 7100 isole, situato tra il Mar di Cina a ovest e l’Oceano Pacifico a est ed è famosa nel mondo per la bellezza delle sue località marine come Boracai o Palawan, mete di turisti provenienti da ogni dove ma, per la mia prima visita in questo paese, come sempre ho scelto di andare in direzione ostinata e contraria e, nonostante tanto bel mare (e probabilmente tanta gente) ho scelto la pace, il silenzio e il fresco della montagna.

Una vista spettacolare sulle risaie a terrazza

Così mi sono immerso in quella atmosfera fuori dal tempo fatta di paesaggi superbi e risaie a terrazza dove l’uomo sembra dover vivere strappando concessioni alla montagna, creandosi spazi di vita quotidiana fra la strada e la parete rocciosa, come a Banaue dove le donne lavano i propri panni nei corsi d’acqua che scorrono dove il monte incontra i pochi metri di larghezza della pianeggiante carreggiata, o come quei ragazzi che, appeso un improbabile canestro sulla roccia, giocano allegramente a basket interrompendosi pazientemente al passaggio di ogni macchina.

Gente sospesa fra la terra e il cielo, sospesa fra una quotidianità fatta di piccole conquiste giornaliere per sfruttare al massimo gli spazi esigui che un territorio ingrato sembra voler concedere mal volentieri e una spiritualità ed un amore per la natura che solo il continuo contatto con la natura stessa può portare fino a limiti estremi. Gente che sembra continuare ad essere sospesa fra terra e cielo anche dopo la morte, come testimoniano le bare appese sulle fiancate di alcune montagne di Sagada, ma qui non è più una questione di spazio ma si tratta della cultura ancestrale della locale popolazione degli Igorot.

TOMBE SOSPESE

Gente sospesa anche dopo morta

Questa antica pratica, che non è poi esclusiva di questa popolazione montana, dal momento che esiste e sopravvive anche in alcune zone dell’Indonesia e della Cina, nasce dalla convinzione oramai bi-millenaria che più il corpo del defunto fosse collocato in alto dopo la morte, più sarebbe stato vicino al cielo e agli spiriti dei suoi antenati, senza contare l’aspetto meno suggestivo ma senz’altro più materialista e più pratico di garantire al caro estinto una maggiore protezione sia dagli animali selvatici sia da disastri naturali, come inondazioni o terremoti, tutt’altro che rari in questo angolo di mondo.

Secondo le usanze, le bare venivano rozzamente scolpite dagli anziani stessi quando sentivano avvicinarsi il momento fatale e nel caso di malattia o di impedimento fisico del morituro sarebbe stato un figlio o un parente prossimo a costruire il catafalco.

Il rituale prevedeva poi che passassero alcuni giorni fra il decesso e la collocazione del morto all’interno della bara, preventivamente ancorata sulla parete della montagna con corde e ganci, pertanto si rendeva necessario affumicare il corpo per evitarne una rapida decomposizione.

Al termine del periodo di veglia, durante il quale la famiglia del defunto riceveva le visite e gli omaggi del resto della popolazione, una processione funebre accompagnava la salma fino al luogo della sepoltura e alcuni giovani si arrampicavano sulla roccia per adagiare il cadavere all’interno della bara in posizione fetale. Gli Igorot credevano infatti che la dipartita di una persona dovesse avvenire nella stessa posizione in cui si preparava a venire al mondo, quasi a volerne preparare una rinascita.

Le tombe sospese sul fianco della montagna

Al giorno d’oggi e con un mondo che viaggia sempre più velocemente verso la modernizzazione ed una certa forma di globalizzazione, a discapito di usanze e tradizioni che necessariamente tenderanno a finire nel cassetto dei ricordi dove, col tempo, verranno dimenticate, gli anziani di Sagada sono tra gli ultimi destinatari di questo antico rituale. Le nuove generazioni, influenzate sopratutto dalle profonde convinzioni cristiane del paese, tendono verso metodi di sepoltura più conformi e più adatti a mantenere viva la “corrispondenza d’amorosi sensi” per cui “si vive con l’amico estinto e l’estinto con noi”. Così si preferisce la sepoltura nel locale cimitero, dove é senz’altro più facile visitare i resti dei propri cari con maggiore frequenza, ed é proprio lì, nel cimitero posto sulla collina chiamata Echo Valley, lungo la passeggiata che conduce alle montagne delle tombe sospese, attraverso un sentiero sterrato e a tratti scivoloso da dove si può godere, fra l’altro, di una splendida vista su Sagada, che troverà definitiva sepoltura anche una fra le più suggestive usanze di quest’Asia, anche lei perennemente sospesa fra vecchio e nuovo.

Un mercatino a Sagada

Ho visitato Sagada nel Maggio del 2013. Mi sono avventurato lungo il sentiero che attraverso il cimitero, portava ad un punto di osservazione da dove, sia pure da una certa distanza, si potevano ammirare le tombe sospese degli Igorot. Nonostante la valle dell’eco invitasse implicitamente a fare prove rumorose per verificare la reale portata del fenomeno, un certo senso di rispetto mi ha impedito di avere un comportamento meno che riguardoso di fronte all’intensità che quel luogo poteva ispirare e sospeso anche io in quel silenzio così gravido di emozioni, ho preferito assaporare in pieno quella sensazione di immortalità che trasudava dai resti sia pur anonimi di quella gente oramai sospesa per sempre.

Al momento della mia visita a Sagada, l’ultima bara era stata sospesa sul fianco della montagna nel giugno del 2008.

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Episode 12
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