Un Laos versione Beta che sarà presto un 2.0

Il verde brillante della prateria, dimostrava in maniera lampante, l’esistenza di Dio.
Del Dio che progetta la frontiera e costruisce la ferrovia.”
(Francesco de Gregori – Bufalo Bill)

Il Laos non sembra affatto cambiato dall’ultima volta che l’ho visitato. (…) La vita scorre secondo i ritmi di sempre, i ritmi di una vita contadina scandita dalla natura e fatta di giornate quasi tutte uguali fra loro: all’alba piccoli gruppi di persone incolonnati lungo la strada raggiungono le piantagioni; nei mercatini locali, fatti di merci povere e di tanta frutta, ferve una lenta attività, la gente si incontra, parla, compra, vende. Fuori da qualche capanna adibita a spaccio, giovani e vecchi passano indolenti la loro giornata guardando il traffico che passa e conversando fra loro mentre i bambini, come tutti i bambini del mondo, giocano e corrono, ancora in parte spensierati, in attesa che anche per loro venga il tempo di aiutare nei campi.”

Un mercato locale nei pressi di Bo Ten – Image by Guglielmo

Così scrissi nel 2013 quando mi trovavo a pochi chilometri di distanza da Bo Ten, una cittadina allora dimenticata ai confini con la Cina, quando attraversai il nord del paese per raggiungere la Cina stessa. Oggi, mi sto preparando di nuovo ad effettuare un percorso molto simile, ma nutro seri dubbi di potere ripetere quelle parole e di ritrovare quel paese quasi incantato che mi aveva stregato ogni qual volta tornavo a visitarlo.

Il perché lo scopriremo solo leggendo. Per il momento vi basti sapere che personaggi e interpreti sono gli stessi di 10 anni fa: La Cina in versione 100.0, nei panni di un feudatario locale che cerca di trarre i maggiori vantaggi possibili dai suoi vassalli, il Laos che, per continuare la terminologia dei computer, definirei ancora in versione “beta” indossa i panni di un vassallo, e poi ci sono io, il canta storie, che come Charles Aznavour sono

… tra di voi, che non parlo mai
E ho visto già tutto quanto.
Ed io, tra di voi, capisco che ormai
La fine di tutto è qui”

Forse parlare di fine, in assoluto è un po’ esagerato, magari è più opportuno parlare di declino e ho la chiara sensazione che il mio prossimo viaggio in Laos, che dovrebbe svolgersi nell’aprile che viene, potrebbe rappresentare la testimonianza dell’inizio del declino di una nazione che ha sempre avuto poco ma che ha sempre cercato di mantenere intatta la sua identita con estrema dignità.

Il Laos ha una popolazione di circa 7 milioni e mezzo di abitanti, distribuiti in quarantasette diverse minoranze etniche, con una maggioranza formata dall’etnia Lao, ognuna delle quali ha una propria lingua e cultura; ospita alcune delle regioni più incontaminate del mondo, fatte di lussureggianti foreste, imponenti montagne e, sopratutto fatte dal fiume Mekong che si snoda formando anse, si divide in un estuario interno che da vita ad un numero infinito di isole e isolotti nella parte meridionale del paese e che sopratutto ha rappresentato nel corso degli anni la via di comunicazione commerciale più importante del paese.

E con gli ultimi raggi di sole si colora il Mekong a Si Phan Don – Image by Guglielmo

Al viaggiatore che lo visita, il Laos propone percorsi fra natura, spiritualità e silenzio. Un posto più da respirare che da ammirare. Tante volte mi sono chiesto: “ma che mai ci trovo di bello nel Laos?” Forse gli antichi templi di Luang Prabang con le questue mattutine dei monaci o la vivace vita sul “lungo Mekong”? O forse le misteriose giare adagiate sull’altipiano di Xiangkhoang, che a fianco delle leggende legate alle giare stesse, ha visto passare lungo i suoi sentieri anche la storia, una storia fatta di migliaia di tonnellate di bombe sganciate durante quella che gli stessi americani hanno definito “guerra sporca”? O forse ancora le cascate, i tramonti con gli ultimi raggi del sole che accarezzano le risaie, le acque del mekong che ora sono placide ora diventano impetuose?

Forse tutte queste e altre cose insieme. Forse nessuna perché in effetti il Laos non ha un suo Angkor, una sua Muraglia, un suo Taj Mahal, ma non ne senti la mancanza e ci torni per la sua gente, per la semplicità, per quell’atmosfera che sprizza Asia da tutti i pori.

Organizzare un viaggio in Laos è una prospettiva entusiasmante e, con così tanti luoghi interessanti da visitare, si può dire che si inizia a viaggiare già fin dalla preparazione. Nel caso specifico farò un percorso abbastanza classico con le quattro delle destinazioni più popolari del Laos – Vientiane, Vang Vieng, Plain of Jars e Luang Prabang – alle quali aggiungerò nuovamente Bo Ten.

Insomma, come l’assassino, anche io tornerò sui luoghi del delitto, per verificare se ritroverò lo stesso Laos di tanti anni fa oppure no.

Lo ritroverò? Francamente lo spero, ma temo di no e vi spiego subito il perché: il 3 dicembre 2021 è stata inaugurata una ferrovia ad alta velocità che collega Vientiane con Bo Ten in poche ore, per collegarsi poi con una ferrovia cinese che raggiungerà Kunming.

Campi di riso Si Phan Don – Image by Guglielmo

Questo progetto ultra moderno che ha preso il nome di “Nuova via della Seta” e che nel tempo intende estendersi fino a collegarsi con la linea ferroviaria Kuala LumpurSingapore, con lo scopo di aprire una nuova via commerciale fra la Cina e i grandi porti del sud est asiatico, avrà sicuramente iniziato a produrre un cambiamento epocale in un Laos che sembra stia passando, almeno in alcune zone del paese, dal niente al tanto in una maniera fin troppo rapida.

Ed è proprio questo Laos in divenire che voglio andare a visitare, questo Laos di cui Tiziano Terzani disse “non è un luogo, è uno stato d’animo”. Mi incuriosisce vedere di persona come un paese così particolare stia assorbendo questo percorso da una economia, come si è detto più volte, contadina ad una fase economica molto più complessa.

Come nel Far West americano, la ferrovia porterà progresso, lavoro, forse diminuzione del livello di povertà, crescita economica e sociale. Ha già condotto, ad esempio, alla bonifica degli ordigni inesplosi residuati dei bombardamenti indiscriminati durante la guerra del Vietnam, che si trovavano lungo il percorso e che sono stati rimossi durante l’esecuzione dei lavori.

Ma ci sarà anche qui un prezzo da pagare.

Scena di vita quotidiana nel Laos – Image by Guglielmo

In America si pagò con la scomparsa dei bisonti e con l’incapacità, o più probabilmente con la scarsa volontà, di accompagnare le popolazioni indigene verso una forma di vita differente e adeguata ai nuovi tempi, mentre nel paese asiatico, dove si sono dovuti realizzare 75 tunnel e un numero di viadotti suddivisi in 167 ponti, l’impatto ambientale è stato evidentemente dannoso e si è concretizzato con la perdita di 318.000 ettari di foresta naturale. Senza contare che anche in Laos ci sarà da sostenere la popolazione in questo rapido mutamento della loro vita quotidiana.

Se il nuovo collegamento ferroviario ha in se il potenziale per stimolare l’economia del Laos che, ricordiamolo, non ha sbocco sul mare, portando in ultima analisi il paese a far parte di una linea di collegamento pan-asiatica, il che non può che portare benefici, ci sono anche le preoccupazioni che questa situazione aumenterà l’indebitamento del paese verso la Cina.

Il Laos farà sempre più affidamento sugli aiuti internazionali e sull’assistenza finanziaria del governo di Pechino e Vientiane sarà ulteriormente trascinata politicamente nell’orbita del suo ingombrante vicino.

Insomma un Laos tutto da scoprire, da vivere e da capire nei pochi giorni che avrò di tempo per visitarlo, ma che sono certo che ancora una volta, hai lati delle rotaie mi mostrerà il suo volto più bello. Magari anche il volto sorpreso della gente quando vedrà sfrecciare ai confini dei loro campi quel mostro di ferro che potrebbe cambiare la loro vita.

Una svolta, insomma, che alla fine ci auguriamo che sia in meglio.

Guarda la versione inglese su Asian Itinerary

Altri articoli sul Laos

Gallerie fotografiche sul Laos

 

error: Il contenuto è protetto!