Oggi parliamo di buddismo

Oggi parliamo di buddismo, la religione ufficiale della Thailandia, che è uno dei cardini fondamentali su cui si basa la società del paese asiatico.

Tralasciando l’eterna diatriba sul fatto che il buddismo sia una religione o una filosofia e, lasciando da parte lunghi discorsi sulle caratteristiche del buddismo stesso, che esulano dal nostro contesto, abbiamo dedicato il nostro tempo alla visita di tre templi che si trovano sull’isola di Phuket e che rappresentano, a mio modesto parere, i tre luoghi di culto più importanti fra i 29 monasteri buddisti presenti sull’isola.

Stiamo parlando del Wat Chalong, il più noto e più frequentato tempio di Phuket, del Big Buddha che, ultimo nato dei tre, dall’alto di una collina domina sulla parte meridionale dell’isola e del Wat Phra Thong o Tempio del Buddha d’Oro, probabilmente il meno conosciuto dei tre da parte dei visitatori stranieri ma sicuramente non meno importante, e non meno adorato da parte della popolazione locale. Ed è proprio da quest’ultimo che andiamo ad iniziare.

Wat Phra Thong
Chi tocca muore

Wat Phra Thong 2 – Image by Pluto

Spesso i templi asiatici hanno alle loro spalle più leggende che storia e il Tempio del Buddha d’Oro non fa eccezione a questa regola, anzi di elementi leggendari può vantarne più d’uno.

Il Wat Phra Thong, infatti, ospita una immagine della divinità che, si narra fosse stata trovata semi sepolta secoli or sono in un terreno situato dove ora risiede il tempio ad essa dedicato. Sprofondata probabilmente in seguito ad un terremoto, ogni tentativo di spostarla o di estrarla dalla posizione in cui è stata rinvenuta si è rivelato infruttuoso a causa di una serie di disastri naturali avvenuti subito dopo.

Ma si va oltre.

Un monaco si prende cura della copia della statua semi sepolta – Image by Pluto

Una legenda racconta che in passato la statua era completamente sepolta e lasciava emergere solo la fiamma sulla testa di Buddha. Un giovane pastore che si trovò a passare da quelle parti con il suo bufalo legò inconsapevolmente il bufalo proprio alla fiamma sporgente e poco tempo dopo si ammalò gravemente e presto morì, stessa sorte toccò anche all’animale.

Si narra inoltre che il padre del ragazzo, in seguito ad un sogno andò a dare un’occhiata a questo “bastone” per tentare di capire la causa della morte del figlio e, quando ebbe realizzato che si trattava di una statua della divinità, condusse sul posto gli abitanti del villaggio per cercare di portarla completamente alla luce. Non fu un gran successo. La storia prosegue infatti raccontando che gli scavatori avessero subito attacchi da parte di sciami di calabroni che uscivano dalla terra scavata, accanendosi contro quanti scavavano e lasciando illesi i curiosi e i vecchi che semplicemente osservavano pigramente quella specie di “cantiere ante litteram”.

Il Buddha sepolto – Image by Pluto

Più avanti negli anni, durante una delle tante invasioni birmane della città di Thalang, che all’epoca dei fatti era la capitale dell’isola di Phuket, i soldati invasori cercarono di disseppellire la statua per portarla in Birmania come bottino ma, anche questa volta, degli occulti difensori della divinità, protessero la sacra immagine. Si trattò in questo caso di sciami di piccole formiche che, emersi dalla terra scavata, aggredirono i soldati profanatori provocando morte e malattie e, benché i soldati rimasti incolumi riuscirono a dare fuoco agli insetti assalitori, non riuscirono a scavare più in profondità del collo della statua ne tanto meno a trafugarla. Fu proprio così, parzialmente sepolta, che il sovrano di Nakhon Si Thammarat rinvenne l’immagine divina quando giunse a liberare Thalang alla testa delle sue truppe.

Un gallo si aggira nel complesso del Wat Phra Thong – Image by Pluto

Leggende che si susseguono e chissà quante altre ce ne sono, ma è interessante notare come leggende e storie popolari possano influenzare la percezione e il valore di un luogo sacro come il Wat Phra Thong. L’immagine del Buddha semi sepolto, infatti, gode tuttora la fama di dare morte a chiunque la tocchi ed è per questa ragione che intorno al 1750, un monaco di Sukhothai convinse gli abitanti del villaggio che fosse meglio costruire un tempio propiziatorio intorno all’immagine del Buddha e magari anche una copia della statua originale che accogliesse le esibizioni religiose e per i riti dei fedeli senza provocare danni.

Oggi il complesso del Wat Phra Thong è costituito da diversi templi e persino da un museo che espone oggetti dell’era dell’estrazione dello stagno, per lo più donati dalla gente del posto.

Il tempio è particolarmente venerato, guarda caso, da thailandesi-cinesi, che oltre a sostenere che l’immagine provenga dalla Cina, cosa che non mi sembra si possa escludere a priori, permeabili come sono ad ogni tipo di superstizione e facendo proprio ogni “si narra”, non toccherebbero la statua sacra neanche sotto minaccia, dedicandosi a riempire di attenzioni una più sicura copia.

Naturalmente noi, donne e uomini del 21mo secolo, non crediamo a queste favole e siamo certi di potere far visita al tempio e al suo Buddha senza alcun timore tuttavia, memori di calamità bibliche e di profanazioni di piramidi e tombe varie, se per una qualsiasi ragione dovessimo andare a far visita al tempio col nostro bufalo domestico al guinzaglio beh… magari ricordiamoci di non legarlo al primo palo che vediamo nei dintorni… non si sa mai.

Per chi desiderasse visitare Wat Phra Thong, il tempio è aperto tutti i giorni dalle 8:00 alle 17:30. Arrivando dall’aeroporto di Phuket, c’è una strada sulla sinistra, poco prima dell’incrocio di Thalang, che conduce al tempio ma, prestate la giusta attenzione perché le indicazioni lasciano alquanto a desiderare.

Wat Chalong
Il tempio più grande e venerato di Phuket

Uno degli ingressi del tempio centrale – Image by Pluto

I due rumori più insistenti che sente chi visita il Wat Chalong sono il continuo ed insistente tic tic tic prodotto dai così detti bastoncini della fortuna, sbatacchiati all’interno del loro contenitore di legno cilindrico per dare risposte a chi vuole conoscere il proprio futuro, e l’assordante e altrettanto frequente suono dei petardi che vengono fatti scoppiare dai fedeli.

Wat Chalong fu costruito all’inizio del 19º secolo e il suo vero nome è Wat Chaiyathararam, ma questo nome, probabilmente, non lo vedrete mai scritto su alcun cartello stradale.
È il più grande dei templi di Phuket, ed anche il più visitato, sia dagli abitanti dell’isola sia da chi viene da fuori, per la sua fama di predire la sorte mediante i citati bastoncini.

Chiunque può provare l’ebbrezza di agitare con un ritmo sempre più incalzante il contenitore pieno di bastoncini numerati, i “Siem-Si”, di vederne uscire uno contraddistinto da un numero che vi rimanderà ad una cassettiera, numerata anch’essa, in cui ad ogni numero corrisponde un foglietto con l’agognato responso. Chiunque può farlo purché conosca il thai o il cinese o, per lo meno abbia qualcuno che possa tradurre la risposta.

I fedeli Thai, quasi sempre vengono al tempio per chiedere qualche cosa che può riguardare la salute, la ricchezza, questa molto gettonata, il nome da dare ad un figlio sul punto di nascere o, udite udite, i numeri della lotteria. È per questo che si agitano bastoncini in bambù, si accendono candele o incensi, si offrono fiori di loto o si applicano foglie di lamina dorata sulle immagini rappresentate nei vari templi.

Fedeli nell’atto di coprire le statue di foglie dorate 1 – Image by Pluto

Al Wat Chalong queste attività si svolgono nel tempio centrale, dove la gente si accalca per guadagnare meriti e fortuna.

E i petardi di cui si parlava all’inizio? Già, dimenticavo i petardi, si tratta di strisce simili a cartucciere formate da centinaia di raudi legati fra loro che vengono fatte esplodere in un apposito contenitore che, al momento delle esplosioni, farà fuoco e fiamme. Si tratta, in effetti, solo di un modo per esprimere gratitudine per preghiere che sono state esaudite o per modificare responsi che non sono di proprio gradimento.

Tuttavia, nonostante la superstizione che impera fra gli asiatici ed in particolare fra i Thai, sarebbe ingeneroso limitare l’importanza di questo tempio all’effimera ricerca di una buona sorte.

La sua storia e le innumerevoli leggende che circondano questo complesso di templi ci parlano, in particolare, di due monaci: Luang Pho Cham e Luang Pho Chuang, che ebbero un ruolo da protagonisti durante una ribellione di cinesi nel 1876, dedicandosi fra l’altro alla cura dei feriti grazie alla loro conoscenze della medicina tradizionale.

La storia ci dice che uno dei pilastri della ricchezza di Phuket nei secoli precedenti era l’industria mineraria dello stagno e la maggior parte delle persone impiegate nelle miniere erano immigrati cinesi che stufi, alla lunga, delle cattive condizioni lavorative, diedero il via a quella che sarebbe stata poi chiamata la ribellione di Angyi.

A questo punto varrebbe la pena spendere due parole sugli Angyi, a costo di andare fuori tema.

L’Angyi era una specie di società segreta cinese, fondata da Sun Yat Sen tra il 1903 e il 1908. Potrebbe essere considerata come la prima forma di sindacato, avendo attivamente organizzato scioperi e controllato la manodopera in alcuni settori. In realtà definirli propriamente sindacati sembrerebbe un po’ eccessivo perché la loro lealtà vacillava tra i lavoratori cinesi da una lato e i ricchi datori di lavoro, cinesi anche essi, dall’altro.

Gli scioperi generali si trasformarono presto in rivolte che lasciarono la città di Phuket bruciata e saccheggiata, e se da una parte provocarono la reazione altrettanto violenta degli altri cittadini dell’isola, dall’altra parte riuscirono alla fine ad ottenere migliori condizioni di lavoro nelle miniere.

Al giorno d’oggi gli Angyi sono ricordati Thailandia come organizzazioni mafiose, con forti legami con le triadi cinesi che governano le bische in Cambogia e in Laos.

Chiusa parentesi.

Immagine sacre ricoperte da foglie d’orate – Image by Pluto

I nostri due monaci dunque, hanno avuto ruoli fondamentali nell’ambito di questa ribellione e qui vengono fuori le leggende: chi parla di uno e chi di due, chi li indica, come già detto, come guaritori e assistenti ai feriti, avendo fra l’altro trasformato il tempio in un luogo di accoglienza per i rifugiati, chi li considera come i leader che hanno incoraggiato la popolazione locale a combattere contro la società segreta chi, forse più propriamente gli attribuisce un ruolo nel porre fine alla ribellione.

Sia come sia al termine del conflitto, Chaem ricevette un titolo d’onore da re Rama V ed entrambi sono celebrati da due statue estremamente realistiche in uno dei padiglioni del tempio.

La gente del posto e molti turisti thailandesi vengono a pregare ed a rendere omaggio ai due monaci ma anche per visitare l’edificio più recente sorto nel complesso di Wat Chalong il Phra Mahathat Chedi dove, all’interno di una teca di vetro, è conservata una reliquia: una scheggia di osso del Buddha portata dallo Sri Lanka che fu installata nel Chedi dal re Maha Vajiralongkorn.

Il Phra Mahathat Chedi raggiunge i 60 metri di altezza e si inalza su tre piani. Le pareti e i soffitti sono decorati con bellissimi dipinti che illustrano la vita di Buddha, oltre che con molte immagini sacre in oro.

Wat Chalong si trova quasi 10 chilometri a sud di Phuket Town e si può raggiungere in taxi o in tuk tuk.
È aperto tutti i giorni dalle 7:00 alle 17:00.
Nei fine settimana e nei giorni festivi thailandesi il posto può essere molto frequentato.

Il Big Buddha
La felicità in cima alla collina di Nagakerd

Il Big Buddha – Image by Pluto

Il Big Buddha, è l’ultimo nato tra i luoghi di culto di Phuket. Ricordo che nei miei primi anni di permanenza a Kata, vedevo nel tempio locale l’enorme testa in costruzione e parliamo del 1994.

L’immagine si trova su un’alta collina che domina su quasi tutto il sud dell’isola ed è ben visibile da moltissimi punti dell’isola stessa.

Al di là dell’imponenza della statua e della bellezza delle varie divinità che fanno da contorno all’immagine principale, non è affatto di secondaria importanza la vista mozzafiato che si gode da ogni angolo dell’area. A 360 gradi infatti la vista spazia sulle baie di Chalong, di Rawai, di Karon e di Kata.

Semplicemente incantevole.

Buddha con vista panoramica sulla baia di Chalong – Image by Pluto

Buddha, come è noto, era il figlio di un re che un giorno decise di rinunciare alla sua vita lussuosa e che, attraverso un lungo percorso, divenne un essere perfettamente illuminato che raggiunse la più alta conoscenza della verità, e mi sembra di cogliere una certa simbologia in questa gigantesca immagine, che, dall’alto, sembra volersi erigere a faro dell’illuminazione.

La statua, che raffigura Gautama in posizione seduta, è alta 45 metri e larga 25,45 metri. È stata edificata in cemento ricoperto di marmo bianco birmano ed è costata 30 milioni di Baht (al cambio del febbraio 2019 circa 950.000 US$), provenienti principalmente da donazioni, così come è stato donato da fedeli e seguaci buddisti l’appezzamento di terreno sulla cima della Collina Nagakerd.

Naturalmente con l’approvazione del Thai Royal Forest Department e in deroga al fatto che l’immagine è stata costruita in una foresta nazionale protetta.
L’accesso al Big Buddha è consentito ogni giorno dalle 6:30 alle 18:30.
Si può raggiungere in taxi o in tuk tuk da qualsiasi parte dell’isola.

Fedeli all’ingresso del tempio – Image by Pluto

Tre posti belli e sicuramente interessanti da visitare sotto l’aspetto culturale e turistico, ma quello che conferisce importanza e da un senso ai luoghi indicati sono i fedeli, vera colonna portante del buddismo. Che sia per la fede o che sia per lo spiccato senso di superstizione, la popolazione è molto vicina alla sua religione e ai suoi ministri, uomini o donne che siano. E questo si evince dalla vita di tutti i giorni che porta la gente nei templi o a svegliarsi all’alba per donare le loro offerte in cibo, che porta i giovani e i giovanissimi a trascorrere un periodo di noviziato nei templi per acquisire meriti per loro o per i loro familiari e che chiede consigli, grazie, intercessioni o, più banalmente, numeri vincenti, cercando una scorciatoia, se non proprio per la ricchezza, per lo meno per un certo benessere.

Al Nirvana ci si penserà in un secondo momento, nel frattempo si guardi al pratico.

Code Dress nei templi – Image by Guglielmo

La Thailandia e l’Asia in generale si rispecchiano in questi atteggiamenti e i loro luoghi di culto diventano un interessante spaccato di vita quotidiana che aiuta molto a comprendere la mentalità di questi popoli.

Guarda galleria fotografica

Guarda il video

Versione in Inglese su Asian Itinerary

Suggerimento: Si prega di vestirsi in modo appropriato quando si va in luoghi religiosi in Thailandia per mostrare rispetto alla gente locale. Vi invitiamo quindi a non indossare abiti troppo appariscenti o succinti

 

error: Il contenuto è protetto!