Sono le 6, il sole si è alzato da meno di mezzora, quando da un cancello situato in una piccola stradina silenziosa, poco distante dalla strada statale, tre figure con la testa rasata, coperte da una tunica color zafferano, con lo sguardo sereno e con un contenitore metallico sferico fra le braccia, escono in fila indiana in direzione del piccolo villaggio nelle vicinanze.
È una scena di vita quotidiana qui in Thailandia, dove ogni mattina i monaci buddhisti escono dal loro tempio per andare a raccogliere il cibo che la gente offre, sia per dare loro sostentamento, sia per acquisire meriti in funzione di una prossima vita. Niente di particolarmente originale, quindi di fronte a questa immagine che si ripete da secoli, giorno dopo giorno, in ogni paese di tradizione buddhista.
Nulla di originale se non fosse che le tre figure uscite dal tempio Songdhammakalyani, situato a breve distanza dalla città di Nakhon Pathom, una sessantina di chilometri ad ovest di Bangkok, sono in realtà tre monache Bhikkhuni. Le precede, quasi a volerle proteggere, un cane nero disciplinatissimo, mentre le seguono una monaca brasiliana di un ordine diverso, in visita temporanea al tempio, ed una giovane novizia indiana che spinge un carretto per raccogliere il grosso delle offerte, vestita di una tunica bianca e con ancora i suoi lunghi capelli corvini raccolti a coda, destinata a prendere gli ordini minori nel giro di pochi giorni.
Il piccolo corteo procede silenzioso, quasi in raccoglimento, con i primi raggi del sole che si posano sulle tuniche arancioni illuminandole come se volesse conferire loro un’alone di spiritualità; tutto intorno il niente, strade semideserte dove un motorino o una macchina passano saltuariamente a spezzare col loro rumore la poesia di questa scena mattutina. Poi, poco distante, all’improvviso si nota un po’ di animazione: un negozietto locale, due o tre persone in attesa, le monache Bhikkhuni si avvicinano, si dispongono di fronte alla gente in attesa con i contenitori aperti e attendono che i fedeli vi depongano i cibi, altre offerte vengono loro consegnate e la novizia le dispone ordinatamente nel carretto. La gente si inginocchia, le mani giunte in attesa di una benedizione che non tarda ad arrivare sotto forma di canto e il piccolo corteo può riprendere la sua strada.
La scena si ripete diverse altre volte, i contenitori aumentano il loro contenuto, il carretto si riempie, la gente si inginocchia, i canti si alzano pacatamente verso il cielo. Ogni volta un sorriso illumina il volto delle Bhikkhuni, una parola di conforto verso un uomo in ginocchio a dispetto del suo handicap, un incoraggiamento ed un augurio ad un’anziana cinese apparentemente più benestante, che ha donato molto di più di altra gente. In una parola una presenza sul territorio di queste donne che hanno sacrificato la loro femminilità e la loro vita per dedicarsi alla gente e alla meditazione.
Ci racconta durante un breve colloquio la Venerabile Dhammananda, un volto solare, un sorriso amichevole, la disponibilità di chi é abituata a donare il suo tempo agli altri, figlia della fondatrice del tempio ed attuale badessa, che la popolazione locale é molto solidale nei confronti delle monache che rappresentano nella zona una presenza molto attiva da più di una generazione. Considerano il Tempio un punto di riferimento dove trovare conforto, esattamente alla stessa maniera di uno degli innumerevoli templi maschili.
E la conferma alle sue parole ci era già stata data in precedenza, quando al ritorno dalla questua, al momento del primo dei due pasti della giornata (le monache come pure i loro omologhi maschi, possono consumare due soli pasti al giorno e dopo mezzogiorno possono assumere solo liquidi, mentre una dispensa per un pasto serale leggero é prevista solo per motivi di salute) iniziavano ad arrivare i primi fedeli che portavano altri cibi, aiutavano a prepararli e che dopo avere servito il pasto alle monache Bhikkhuni disposte in fila da un lato del refettorio, si accomodavano dal lato opposto in attesa, dopo una cantilenante preghiera, di mangiare anche loro e di lavare ciascuno i propri piatti al termine.
Nel frattempo altra gente continuava ad arrivare con altri cibi, sta volta per il pasto di mezzogiorno e per partecipare ad una cerimonia in memoria di due donne precedentemente decedute.
Un clima di festa e di simpatia, che non può non coinvolgere anche chi, come noi, era solo in visita, il tutto in una cornice che trasmetteva un senso di pace e di spiritualità a dispetto dei rumori del traffico che via via scorreva sempre più intenso e rumoroso nella strada principale adiacente ad un lato del tempio o dei lavori di ampliamento all’interno della struttura stessa che sembravano quasi diventare leggeri rumori di sfondo in quell’atmosfera intensa che pervadeva le attività del tempio.
Il tempio Songdhammakalyani, compie quest’anno 54 anni se calcoliamo la nascita dalla data di acquisto del terreno che lo ospita, fu fondato dalla venerabile Voramai Kabilsingh, come già accennato, madre dell’attuale badessa, un personaggio molto interessante se si considera anche che nacque nel 1908. Scrittrice, poetessa, insegnante, sposata ad un membro del parlamento Thai al tempo della seconda guerra mondiale, visse per un breve periodo nel sud della Thailandia per poi spostarsi di nuovo a Bangkok dopo la nascita di sua figlia. Inizia ad appassionarsi alla meditazione, si impegna negli studi sul Buddhismo fino a pubblicare una rivista buddhista mensile nel 1955 che porterà avanti per 32 anni. Nel 1956 prende gli ordini minori e 15 anni dopo, nel 1971, verrà ordinata Bhikkhuni, ovvero monaca a tutti gli effetti, a Taiwan, non essendo ancora riconosciuta in thailandia l’ordinazione di una donna. Nel 1960 come si é detto, acquista il terreno sul quale sorgerà il suo tempio non a caso nella provincia di Nakhon Pathom, considerata la porta di ingresso del Buddhismo Theravada in Thailandia, a volere dare continuità alla tradizione di culla del buddhismo di questa provincia con l’edificazione del primo tempio femminile del regno.
La sua vita ha anche dei risvolti pittoreschi che completano il ritratto di una persona che immagino estremamente affascinante: nel 1972, alla tenera età di 64 anni fu l’unica donna scout a viaggiare in bicicletta fino a Singapore per un viaggio che prese 29 giorni, stabilendo un record tuttora ineguagliato. Quello che non troviamo sulle biografie lo possiamo solo immaginare, una vita di dedizione a quello in cui credeva, spesa a trarre ispirazione dagli insegnamenti del buddha, dedicata alla meditazione, agli altri ed all’edificazione di quel progetto, così utopico nelle altre religioni monoteiste, che ha portato le donne ad un livello monastico paritario a quello degli uomini.
La venerabile Voramai Kabilsingh, prima Bikkhuni nel regno di Thailandia, si é spenta a 95 anni nel giugno 2003 e la sua impegnativa eredità é stata raccolta dalla figlia che abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare in questa mattinata spesa ad approfondire questa realtà ancora poco conosciuta, fra visite e cerimonie. A lei ora il gravoso compito di educare un nucleo di monache di qualità, come lei stessa le definisce.