Avventura nella baia di Phang Nga

Flashback, mentre mi godo l’avventura nella baia di Phang Nga. Parte finale del film “007 L’uomo dalla pistola d’oro”: James Bond (Roger Moore) si appresta all’ultimo incontro scontro con “il cattivo” Francisco Scaramanga (Cristopher Lee). La scena si svolge su di un isolotto sperduto in un arcipelago da sogno che, nella finzione scenica dovrebbe trovarsi da qualche parte della costa cinese. Sullo sfondo un faraglione che con un po’ di fantasia potrebbe ricordare un fungo.

Un benvenuto con una bottiglia di champagne naturalmente, che Scaramanga stappa con un preciso, quanto teatrale colpo di pistola, poi l’invito ad entrare nella propria abitazione sapientemente incastonata nelle pareti della roccia:

Francisco Scaramanga:Le piace la mia Isola Mr. Bond?

James Bond: “Un po’ fuori mano, non le pare?”

L’isola in questione si chiama Khao Phing Gan mentre il faraglione alto venti metri è chiamato Koh Tapu; nessuna delle due si trova nei pressi della costa cinese, ma nella Baia di Phang Nga, nel sud della Thailandia a poco più di un’ora di barca da Phuket o da Krabi.

Il film fu girato nel 1974, quando l’isola era davvero un po’ fuori mano. Ma “L’uomo dalla pistola d’oro” ha cambiato il destino di Khao Phing Gan, rendendola famosa nel tempo, immortale direi, al punto che oggigiorno è meglio conosciuta con il suo nomignolo, e se potesse parlare di se, si presenterebbe dicendo: “Il mio nome è Bond, Isola di James Bond”.

Il resto è stato ovviamente fatto da madre natura, che ha disegnato tutto intorno una baia incantevole costellata da centinaia di isole ed isolotti che emergono dal mare, grotte parzialmente nascoste le cui entrate appaiono e scompaiono secondo le rigide regole delle maree e che possono essere esplorate solo mediante canoe guidate da mani esperte, per donare ai pochi visitatori, lagune a cielo aperto, nascoste agli occhi indiscreti del mondo: un ecosistema popolato da varani, scimmie, buceri, pipistrelli e tutti quei piccoli animali che hanno eletto l’habitat delle foreste di mangrovie a loro dimora.

Per completare questo paesaggio straordinario non si può certo negare che gli esseri umani abbiano fatto la loro parte: a poche miglia a nord dell’Isola di James Bond infatti, appoggiato ad un lato della parete di un’alta roccia, c’è un villaggio che si estende sul mare e posato su palafitte, abitato da pescatori, ex zingari di mare di religione musulmana.

La storia racconta di due o tre famiglie di pescatori Malai provenienti da Java che qualche centinaio di anni fa, intrapresero un viaggio verso il nord con le loro barche per cercare un nuovo posto dove stabilirsi, giungendo alla fine a trovare protezione nella baia di Phang Nga, una zona che offre un valido riparo grazie alla sua conformazione. Da quei pochi pionieri si è formata, nel corso del tempo, una comunità che raggiunge oggi circa 1680 abitanti suddivisi in 360 nuclei familiari.

Così è nata Koh Panyi.

Il villaggio ha una scuola musulmana frequentata da maschi e femmine, tuttavia sia per la qualità molto elementare di educazione, sia per la necessità di incoraggiare una certa emigrazione a causa della limitatezza degli spazi, gli studenti più grandi si spostano per frequentare le scuole sulla terra ferma a Phang Nga o a Phuket.

Come in ogni comunità musulmana che si rispetti, non può mancare la moschea; centro principale di aggregazione per gli isolani, le sue cupole ed i suoi minareti si possono vedere da lontano mentre ci si avvicina in barca. Ma l’attrazione principale è sicuramente data dal campo da calcio galleggiante, la cui storia è stata resa famosa da una pubblicità della Thai Military Bank in un cortometraggio. Il campo originale fu costruito diversi anni fa dai ragazzi dell’isola utilizzando inizialmente vecchi pezzi di legno e materiali galleggianti ma, grazie agli ottimi risultati sportivi che hanno fatto diventare il Panyi FC uno dei club di calcio giovanile di maggior successo nel sud della Thailandia, si è deciso di costruire un nuovo campo per continuare ad incoraggiare i giovani nelle loro attività sportive.

Con la celebrità, ovviamente, a Phang Nga è arrivato il turismo e con esso la commercializzazione di questo angolo di paradiso. Ma anche la popolazione locale ha le sue esigenze e l’uomo deve campare, e così, per rimanere in tema cinematografico, “Il paradiso può attendere”. Tuttavia la bellezza del posto rimane indiscutibile; vero, le bancarelle di souvenir occupano la parte più famosa dell’isola, ma il set della scena iniziale dove Nick Nack serve da bere a Scaramanga e a Ms. Anders, impersonata dalla belle Maud Adams, ad esempio, che non è la stessa zona dove si svolge il duello finale, gode di una maggiore tranquillità.

Un discorso simile vale per Koh Panyi dove una serie di ristoranti e bancarelle accolgono i visitatori, dando l’impressione che non si sta sicuramente entrando in un villaggio incontaminato. Ma basta avventurarsi fra gli stretti vicoli del villaggio per rendersi subito conto che Koh Panyi non è una trappola per turisti bensì un villaggio autentico, con la propria storia e le proprie tradizioni. Un villaggio dove si incontrano esseri umani impegnati nella loro difficile quotidianità, che hanno saputo adattarsi ad uno stile di vita sopra al mare e con il mare, e che hanno deciso di integrare il loro reddito proveniente dalla pesca, condividendo con il mondo la loro unicità. Senza però rinunciare al loro modo di essere e continuando a vivere in un villaggio aggrappato ad una roccia che troneggia al centro della baia.

Tutto questo fa di Koh Panyi e della baia di Phang Nga posti come nessun altro dove, una volta che i turisti hanno lasciato l’isola, le lancette del tempo sembrano tornare indietro e ritorna quell’atmosfera di un centinaio di anni fa, quando alcune famiglie Malai hanno sfidato il mare e il destino per offrire ai loro discendenti, pur senza saperlo, una maggiore stabilità, una maggiore ricchezza e tanta popolarità.

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