Uno sguardo su Bangkok

Sono passati meno di 250 anni da quando un piccolo villaggio portuale chiamato Bang Makok, sede di una comunità di commercianti cinesi che commerciava con l’allora capitale del regno del Siam Ayutthaya, divenne la capitale di quello che, nel 1939, sarebbe diventato il Regno di Thailandia.

Monumento al Re Rama I

Il Re Rama Primo, fautore dello spostamento, fece costruire una serie di maestosi edifici, fra cui un sontuoso Palazzo Reale dove venne custodita una statua in smeraldo rappresentante il Buddha, che si può tuttora ammirare presso il tempio Wat Phra Kaew e da cui deriva il primo nome della città: Rattanakosin: “La città del Gioiello”.

Chiamata dalla sua popolazione Krung Thep, “La città degli Angeli”, abbreviazione di quel nome cerimonioso talmente lungo e impronunciabile da essere indicato nel Guinnes dei Primati, quel piccolo ex villaggio di commercianti, diventato con gli anni una metropoli in costante cambiamento, a metà tra la via orientale e quella occidentale è conosciuto nel resto del mondo come Bangkok.

Caotica? Senza “senso direzionale”? Senza ne capo ne coda? Senza un vero centro? Si, tutto vero, ma questa capitale sospesa fra presente e passato, fra l’ultra moderno ed il vecchio, il lussuoso e il fatiscente, amabile per i suoi eccessi ed insopportabile per il suo traffico, questa metropoli di oltre sei milioni di anime, dove la tecnologia si alterna alle superstizioni, dove la forte spiritualità che si respira visitando i suoi templi, si alterna ai rumori di una quotidianità oramai irrimediabilmente proiettata verso il futuro, dove gli odori forti penetrano tanto i sugestivi vicoli quanto le grosse arterie di scorrimento, questa capitale, si diceva, pur con i suoi pregi e con i suoi difetti, resta una delle più affascinanti e sicure destinazioni del mondo.

Per il visitatore che arriva a Bangkok, l’impatto potrebbe non essere dei più felici. La prima volta, sopratutto, ci si può sentire come perduti in un mondo che non ci appartiene. Ci si sente disorientati, spaesati, insicuri; completamente avulsi dalla realtà che ci circonda. Poi si comincia ad immergersi fra i tetti a forma di squame di serpente dei suoi magnifici templi, nei colori dei mezzi di trasporto, dei fiori, delle luci della notte. Ci si perde in quel senso di cultura antica che ti avvolge in alcune delle zone più caratteristiche della città; ci si abbandona fra gli odori dei cibi e degli incensi; ci si inoltra lungo i canali, dove la gente vive la propria esistenza fra bambini che nuotano nelle acque limacciose e mercati galleggianti dove le merci vengono scambiate ancora da barca a barca come in altri tempi; ci si rilassa fra mani sapienti che alternano forza e delicatezza, nella vecchia arte del massaggio.

Ed è in queste piccole cose che Bangkok ti conquista, in questo suo passato, che è presente e sarà futuro, in questa fantasiosa navigazione nel tempo, dove l’unica, vera realtà è la cordialità della gente, il sorriso, il senso di ospitalità, che offre il suo volto migliore, che è, e resta più che mai, il volto misterioso dell’Oriente e il volto ammiccante della Città degli Angeli.

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