L’isola di Phuket, si sa, è nota al mondo per le sue spiagge, per la sua mondanità, per i suoi ritrovi diurni e notturni. Tuttavia non tutti sanno che nel centro di Phuket Town, capoluogo della provincia, c’è un piccolo scrigno che, se non contiene proprio dei tesori, sicuramente custodisce delle gemme di un discreto valore. Parliamo della parte storica di Phuket Town, nota come Old Phuket che non è enorme, anzi è abbastanza piccola da essere esplorata in mezza giornata, ma altrettanto ricca di spunti e abbastanza emozionante da non lasciare indifferente il visitatore curioso.
Passeggiare per la città è una bella occasione per visitare templi thailandesi meno noti, santuari cinesi, alcuni bei palazzi antichi, piccoli e colorati negozi per lo più in stile sino-portoghese, alcuni ottimi ristoranti di cucina locale e molti caffè con uno stile fresco e, per utilizzare un termine che si usa di recente, “instagrammabile”, senza contare un fiorire qua e la di pitture murali, esempi di una “street art” che sta prendendo sempre più piede anche a Phuket Town e che decora e abbellisce le strade.
Una passeggiata in una atmosfera al tempo stesso moderna e giovanile ma anche un po’ vintage, dove è bello perdersi anche solo sedendosi ad un caffè e vagabondare con lo sguardo, o curiosando fra le bancarelle nei giorni di mercato, quando gli appassionati di fotografia e di video possono trovar infiniti soggetti e infiniti angoli per le loro riprese, indugiando fra i colori dei prodotti e le espressione dei volti della gente che resta, sempre e ovunque, l’elemento più caratteristico.
Attardiamoci allora nella visita di queste strade che hanno fatto la storia di Phuket Town, che sono state vissute per anni, portandosi addosso un senso di abbandono, dovuto all’usura del tempo e spesso all’impossibilità dei suoi abitanti di dargli una rinfrescata, per arrivare ai tempi recenti in cui la volontà del governo locale, magari con l’aiuto di qualche sponsor, a colpi di restauro, ha riportato alla vista della gente, residenti o visitatori di passaggio che siano, una “nuova” Old Phuket che può mostrarsi al mondo fiera della sua bellezza.
Girovaghiamo qua e là, perdiamoci nel sogno di un tempo passato in cui ogni porta, ogni tegola, ogni cancello, aveva una sua storia da raccontare: la storia di persone, i suoi abitanti, che oggi possiamo solo immaginare: commercianti cinesi e compratori portoghesi che sicuramente hanno effettuato i loro scambi anche in queste vie, una volta vicoli, una volta magari polverose o, nella stagione delle piogge, fangose.
E cominciamo da Phang Nga Road per visitare insieme gli scorci più pittoreschi di Old Phuket ma, visto che siamo arrivati al nostro punto di partenza ad ora di pranzo, spendiamo anche due parole sul ristorante dove abbiamo mangiato degli ottimi piatti di cucina cinese, il Lhong Khao un locale gestito da giovani, arredato semplicemente, ma con gusto e situato sulla Phuket Road a pochi metri dall’incrocio con Phang Nga Road. Ne è valsa la pena.
Ed eccoci al nostro giro che è partito dall’angolo di Phang Nga Road all’incrocio con Phuket Road, dove su un angolo troviamo l’iconica Torre dell’orologio, che pare in passato abbia ospitato un ufficio di polizia, ed attualmente ospita il Museo Peranakanittat , mentre nell’angolo opposto si trova l’edificio della vecchia Standard Chartered Bank, trasformata, anche essa, in un museo.
A parte questi due edifici che sono lo sfondo preferito per gli autoscatti di decine e decine di utenti social, Phang Nga Road ha tre principali punti di attrazione: l’On On Hotel, il Mercato degli Amuleti e il Santuario della Serene Light.
L’On On Hotel, il cui nome completo attuale sarebbe “The memory at On On Hotel” ha una sua storia ed un suo passato di star del cinema. Nel famoso film “The Beach”, infatti, diventa il set cinematografico dell’hotel di Bangkok dove il protagonista sente parlare per la prima volta della “spiaggia”.
Prima del film l’hotel On On era ridotto abbastanza male, rappresentava perfettamente il posto squallido ed economico che “interpretava” e, nella realtà, costava appena 200 baht a notte. Con la popolarità è arrivato anche per lui il tempo del restauro che è stato effettuato nel 2013 e che ha dato all’hotel una ripulita necessaria pur cercando di mantenere invariate le sue caratteristiche originarie. Uno sguardo gettato nell’ingresso, mostra effettivamente un angolo che sembra avere mantenuto i vecchi caratteri conferendogli, a mio parere, quasi un alone di romanticismo.
Di fronte all’hotel On On ecco la sosta che non ti aspetti, quella dove butti dentro lo sguardo e cogli subito qualcosa che ti attrae. È il Drawing Room Coffee and Gallery che mi ha rubato l’occhio per quello stile finto disordinato con cui è arredato e che sembra uno dei tanti negozi cinesi dove se cerchi una cosa la trovi. In realtà trovi caffè e qualche altra bevanda, ma poi all’interno ti aggiri fra piante grasse, foto, disegni, oggettini vari, una lambretta bianca e una vespa automatica giallina che in realtà di vecchio ha molto poco. Il caffè poi è fatto con un marchingegno particolarmente elaborato che al confronto una vecchia moka pare un espresso, così se è vero che il caffè è un piacere per il palato, il vederlo preparare con quella specie di alambicco, diventa un piacere anche per l’occhio.
Dopo la pausa caffè ritorniamo alle tappe che mi ero prefissato all’inizio così, adiacente all’On On Hotel troviamo il Sangtham Shrine, il Santuario della Luce Serena. Il santuario si trova nascosto nel retro di un edificio, e i locali, gli unici a conoscerne l’esistenza, hanno cercato di mantenerlo segreto per non creare troppo traffico intorno ad esso. Col tempo è stato fatto anche qui un grande lavoro di ristrutturazione pur cercando di lasciare il santuario stesso il più intatto possibile, ed è considerato ora un punto di notevole interesse.
Di fronte sulla stessa strada c’è il Mercato degli Amuleti, un vicoletto coperto dove stazionano alcuni venditori di amuleti, appunto, e dove gli appassionati vengono per lo più nei fine settimana per scambiarli o acquistarli. Per capirne il significato locale, ovviamente ci vorrebbe un esperto. Alcuni pezzi considerati rari hanno un valore molto alto che può essere determinato dalla loro età, dalle origini e dal monaco che li ha offerti o a cui sono dedicati. Mi ricorda un po’, fatte le debite differenze, alcune vie del centro di Milano, dove in alcune domeniche si allestiva un mercato dei francobolli, dove da ragazzino mi portava talvolta mio zio Gianni, appassionato collezionista di francobolli che a quei tempi riuscì a trasmettermi la sua passione.
Prima di girare a sinistra per imboccare la Yaowarat Road, decido che è il momento di andare ad affrontare uno dei vecchi ricordi di quella Phuket dove ho vissuto il secolo scorso (suona strano il secolo scorso, vero? In realtà parliamo di soli venticinque anni fa). Cerco il Ka Jok See, un ristorante dove avevo mangiato i miei due piatti Thai preferiti: Gamberi rivestiti di un nido di spaghettini fritti e pollo cucinato in foglie di pandano, piatti che adoro ma che non trovo con tanta facilità a Krabi. Non trovo neanche il Ka Jook See, così sfuma la possibilità di immergermi in un attimo di nostalgia per una Phuket sparita.
In realtà scoprirò poi che il ristorante ancora esiste e che ho solo cercato in maniera poco approfondita. Deluso, più da me stesso che dalla circostanza, proseguo la mia passeggiata, tanto di momento nostalgico ne ho un altro che mi aspetta un po’ più avanti.
Yaowarat Road scorre fra le sue case colorate, i suoi negozi e fra i tanti turisti di ogni paese che la affollano incuriositi. Scorre passando avanti al Hog’s Head Pub e alla sua porta di ingresso posizionata in diagonale e non perpendicolare rispetto al pavimento. Scorre passando di fronte a negozi, ristoranti e caffè che sembrano rincorrersi lungo la via fino ad arrivare all’incrocio con Thalang Road.
Imbocchiamo dunque Thalang Road che è particolarmente affascinante specialmente la domenica durante il Walking Street Market ma quella è un’esperienza a parte.
La quotidianità, a parte al traffico, mostra una piccola caffetteria all’incrocio, il Chino Cafe Gallery, dove se non per il caffè ci si può fermare ad ammirare alcune eccellenti fotografie, scattate da fotografi di Phuket sistemate in una specie di galleria al primo piano dell’edificio. Ci siamo fermati per una visita e siamo rimasti colpiti in particolare dal bimbo di origine cinese che riordinava un cubo di Rubik, semplicemente smontandolo e rimontandolo poi, pezzo dopo pezzo, con i colori in posizione esatta. Piccolo cinese geniale che ha già capito come risolvere i problemi della vita senza sforzarsi e senza impazzire. Attraverso la strada perché un’insegna mi salta all’occhio: è il cartello di Sin & Lee, l’altro bagno nella memoria della mia personale Old Phuket.
Sin & Lee era lì, un piccolo negozio cinese che vendeva generi alimentari e che ha rappresentato nei miei primi anni la speranza di mangiare un piatto di pasta. Era li infatti che trovavo spaghetti, scatole di pelati e qualche altro ingrediente, pochi in vero, di cucina italiana. Oggi Sin & Lee è passato alla nuova generazione di proprietari che, mi ha raccontato un vicino, attualmente si occupano d’altro: l’insegna infatti parla di stampe e del resto è comprensibile, di fianco alla nostra Old Phuket si è sviluppata una Phuket 2.0 dove si trova di tutto e di più. Il piccolo negozietto dei cinesi, non aveva forse più ragione di esistere ed ha finito con l’adeguarsi anche lui ad un cambiamento.
Si prosegue fra negozietti di tessuti musulmani e di utensili i cui proprietari continuano il loro commercio e il loro lavoro, come se nulla fosse mai accaduto e come se a Phuket non ci fosse mai stato un “ieri” né ci sarà un “domani”, ma solo un oggi impregnato della stessa quotidianità di sempre.
Di rilievo due ristoranti locali: il Kopitiam by Wilai e un po’ più oltre il ben più famoso China Inn Caffè, col suo stile cinese, superbamente arredato.
Una traversa sul lato di sinistra è Soi Romanee, da molti considerata la strada più ricca di fascino della Old Phuket, forse per via del suo passato fosco e in qualche modo malfamato. Soi Romanee era, infatti, la strada a luci rosse della città di Phuket, dove si trovavano i bordelli, le fumerie d’oppio, le case da gioco e altri intrattenimenti simili. Per un lungo tempo la strada è stata poi lasciata in stato di abbandono, diventando una specie di fantasma del passato e le case e i negozi si andavano sempre più trasformando in rovine, dando alla via un ulteriore tono lugubre che ben si adattava ai tempi andati. Poi col tempo, si è risvegliato un certo interesse su tutta la zona. Si iniziava a capire le potenzialità che Soi Romanee avrebbe potuto assumere e, a poco a poco, casa per casa, Soi Romanee è tornato alla vita e al colore, prima con alcuni piccoli caffè e alcuni uffici, poi grazie ad un paio di eleganti pensioni.
L’inizio della strada vicino a Thalang Road è stato interamente restaurato tuttavia, verso la fine, quasi all’incrocio con la Dibuk Road, alzando lo sguardo, troverete ancora qualche frontespizio che porta i segni del passato. Giunti alla fine della via, e immettendosi in Dibuk Road ci si trova di fronte ad un tempio locale: il Wat Mongkol Nimit con uno scarso valore turistico ma particolarmente venerato dai locali.
Il mio giro è finito qua, un viaggio, come sempre, fra i tempi che passano e i miei ricordi, fra una Phuket in bianco e nero, con i chiaro-scuri delle macchie sui muri causate dall’età e, recentemente dai fumi degli scappamenti delle macchine, e una Phuket a colori, con i colori freschi e nitidi delle facciate ora gialle, ora rosa, ora blu. Una città che adeguandosi ai tempi ha rimpiazzato con attività più attraenti, i vecchi artigiani che qui in centro trovano sempre meno spazio. Una città social da cliccare che, benché offra di sé un’immagine molto più pulita, ha perso un pezzo della sua poesia, rintracciabile solo in quei pochissimi angoli che ci lasciano una lieve testimonianza di un passato che non tornerà.